La stagione più fertile della ceramica vietrese è quella a cavallo tra le due guerre (1920-1947), il cosiddetto “periodo tedesco” quando numerosi artisti stranieri, per lo più di origine germanica, spinti dalla vita libera che vi si poteva condurre e dal più basso costo della vita, si insediarono nella zona formando una vera e propria colonia impegnata nelle ceramiche locali; costoro, pur rispettando la tradizione locale, rinnovarono gli stili e crearono nuove forme e nuove decorazioni. Tra i maggiori esponenti di quel felice periodo ricordiamo: Riccardo Doelker, il primo artista d’oltralpe che rivoluzionò la decorazione e la tradizione della ceramica vietrese grazie alla sua impronta personale e al suo segno istintivo e creativo, carico di immagini e di colore. La sua propensione verso i temi popolari, dalle feste in costume alle processioni, dai temi pirateschi a quelli guerrieri, da quelli ereditati dall’arte etrusca e dall’artecristiana, alla predilezione quasi francescana per gli animali, lo rese particolarmente vicino a una sensibilità mediterranea che esalta il colore e la fantasia. Nel 1923 plasmò con la creta la caratteristica figura del “ciucciariello” che divenne il simbolo di Vietri e della sua ceramica. Le sue pitture dalla spontanea espressività quotidiana davano anima e suggestione al manufatto ceramico, fondendosi con esso, sia che fossero vasi o brocche, e piatti o mattonelle.
Irene Kowaliska, che seppe mescolare, in un’atmosfera di incanto, la cultura locale al mondo delle favole della cultura centroeuropea di cui la letteratura nordica è ricca. La vita quotidiana delle popolazioni costiere del nostro Meridione, nelle sue manifestazioni più semplici e dolci, sono riconoscibili nelle sue opere, ma in questi elementi la Kowaliska non fa che esprimere se stessa nella continua ricerca di due concetti: amore e felicità. Barbara Margarethe Thewalt Hannash realizza fantasmagorici gruppi di Natività, iconici eppure eterei volti di donna, soggetti faunistici, forme imprendibili di una fantasia che viaggia tra il mito e la metafora, e che fanno conquistare alla produzione ceramica vietrese un livello artistico non eguagliato per gusto, eleganza e raffinatezza. Gli stiletti animati e policromatici dai ricchi e forti contorni tonali, i segni decorativi che rivelano atmosfere fiabesche ed orientali, il misurato plasticismo sobriamente ludico, l’esilità degli smalti lievi come raggi di luna, fanno della Thewalt-Hannash, Bab per gli amici, la personalità più significativa del “Periodo Tedesco”. Amerigo Tot, conosciuto come l’artista dell’età del bronzo per le sue strutture maiolicate e bronzee, assume nel 1948 la direzione artistica della fabbrica ceramica di V. Pinto che manterrà fino al 1952. Egli realizza sculture-ceramiche, come le “Forme Abbracciate” che richiamano dinamiche improntate a scansioni ordinate, dove l’adesione neocubista è esaltata dall’intrecciarsi dei profili geometrizzanti delle figure. Lascia a suo ricordo la maestosa statua sul piccolo molo di Positano. Max Melamerson, proprietario dell’Industria Ceramica Salernitana (ICS), apporta un significativo cambiamento nella produzione artistica della ceramica vietrese. Pur mantenendo alcune tipologie ceramiche consolidate dagli usi e dalla tradizione, diversifica la produzione modificando i gusti floreali in espressioni baroccheggianti o in motivazioni di gusto marino segnate da innovative notazioni cromatiche e proponendo un nuovo linguaggio espresso dalla sensibilità ed abilità decorativa degli artisti stranieri. La fitta rete intessuta per una più ampia divulgazione della propria produzione fa conoscere, grazie al prezioso contributo di Margarethe Thewalt-Hannasc, Diesel Opel e Lothar Eglive suoi collaboratori, la ceramica vietrese all’Italia e all’estero.
Fra gli artisti italiani che gravitano nell’orbita dei tedeschi, dobbiamo citare:Guido Gambone, avellinese di nascita ma vietrese per adozione, un artista dalla straordinaria creatività che ha attraversato con una personalità forte e dirompente una stagione di grandi fermenti nella ceramica vietrese.Tra i più importanti ceramisti del XX secolo, Gambone riesce ad affermarsi per il notevole talento nel rielaborare il patrimonio proveniente dalla tradizione da cui riesce a cogliere lo spessore di materialità mediterranea che ne costituisce il più autentico contenuto. Una materialità che Gambone intravede, peraltro, non solo nella originaria essenzialità delle tipologie formali e decorative, ma che sente anche nelle procedure e nelle pratiche di utilizzo produttivo delle materie.
L’amore per la pittura è, forse, la chiave della suaavventura artistica, che divenne per Gambone il sentiero che lo conduce al di là dell’orizzonte, oltre il confine del quotidiano, oltre l’orlato contorno dei
monti della propria terra. Nella sua produzione si manifesta “un’esigenza umana”, come di chi abbia voluto imprimere il timbro del suo personale lirismo alle suppellettili di tutti i giorni. Giovannino Carrano, con una sensibilità innata e continuamente coltivata, sviluppa sin dall’adolescenza, un continuo dialogo con la ceramica e con Vietri. Il suo stile è fondato su un grafismo equilibrato, morbido e senza spigolature in cui il verde ramina e il manganese suggeriscono effetti di campo ceramico e composto e spazi soffusi di ordinate atmosfere. Egli assimila le motivazioni del periodo tedesco ed artigiano, le narra con felicità espressiva. Gli uomini e le cose, il mare e la terra, sono per lui spettacoli del tempo; i gesti animati, ancorati a manualità arcaiche, diventano rappresentazione del tessuto etnico vietrese. Le storie omeriche e le favole di Esopo, le processioni rievocanti Doelker, i cicli rurali e le temperie marine, le miriadi di animali e cose, il mondo pastorale e le raffigurazioni floreali sono il diversificato panorama decorativo della sua produzione. Egli è emblema di vero artigiano, la sua tecnica e il lavoro quotidiano saranno per Vietri esempio di notevole coerenza e di dignità di lavoro. Tanti altri come Andrea D’Arienzo, Lucio e Pasquale Liguori, Mattia Limongelli, Luigi Manzo, Salvatore, Vincenzo e Giosuè Procida, Giuseppe Caporossi, Antonio Franchini, Franco Raimondi, Giovanni Sersante, Alessandro Mautone, Matteo e Vincenzo Rispoli, con i loro personalissimi stili legati alle tradizioni del luogo hanno dato e continuano a dare lustro a questo lembo di terra della costiera amalfitana.
Die Vietri Keramik
“Die Keramikindustrie in Vietri besteht mit Sicherheit seit dem Ende des 15. Jahrhundert, wie man aus bisher veröffentlichten historischen Dokumenten ableiten kann, und reiht sich in die schon vorher existierende und zeitgleiche Aktivität der Keramikproduktion in der Salernoregion ein, die durch die Lehmgruben in Ogliara begünstigt wurde“ das is der Ausspruch von Aniello Tesauro. Aus den Studien von Sinno geht hervor, dass die Keramikkunst durch den Zuzug von Handwerken aus den Abruzzen in die Salernoregion in der ersten Hälfte des 17. Jhs einen qualitativen Sprung gemacht haben soll und dadurch eine neue bemerkenswerte künstlerische Formen angenommen habe. Die ältesten Kachelexemplaren mit Votivbildern, die in den kleinen Strassen und Gassen von Marina di Vietri bis Molina zu finden sind, auf diese Epoche zurück und sind Ausdruck einer Volksfrömmigkeit, die jahrhundert lang stark darauf bedacht war, dass diese Kunst nicht verloren geht. Die Keramikerstellung des 18.Jhs betraf vor allem Vasen und Gegenstände für den täglichen Gebrauch: wie Kannen Flaschen, Wasser- und Ölgefäβe, Krüge, Schalen, Teller, Schüsseln, Suppenterrinen, Schirmständer, sowie Öllampen, Blumenvasen, Fliesen mit weltlichen Landschaftsszenen. Die dekorativen Motive sind einfach, oft mit marmorierten Rändern, es sind zumeist Blumen, manchmal werden Tiere hinzugefügt, wie etwa einHahn oder ein Vogel, oder Elemente, die mit dem Meer zusammen hängen wie Kraken oder Segelschiffe, die über die die gesamte Fläche verteilt sind, oder auch Landschaftsszenen. Die Keramikkunst von Vietri blieb mehr oder weniger unverändert bis zum Beginn des 20. Jahrunderts, als in den zwanziger Jahren die „Deutsche Periode“ begann, die manso nannte wegen des verstärkten Zuzugs von Ausländern – vor allem von Deutschen – nach Vietri, die hierher kamen, um in den Keramikfabriken zu arbeiten. Dieser Zeitraum dauerte vom Beginn der zwanzig er Jahre bis zum Zweiten Weltkrieg. Durch die Erfahrung in der Fabrik „Fontana Limite“ in der Günther Stüdemann arbeitete, und die Tätigkeit von vielen Künstlerpersönlichkeiten wie Richard Dölker, Irene Kowaliska, Margarete Thewalt Hannasch, Marianne Amos oder Guido Gambone aus Avellino, Salvatore procida und dem damals sehr jungen Giovannino Carrano, kann es zu einer künstlerisch sehr wertvollen Periode. Auch in ihren Erinnerungen erzählen die Künstler von dieser glücklichen Zeit in Vietri: Erinnerungen an den Duft von Orangenblüten, den Marianne Amos so liebte und der vom Mistralwind herbeigeweht wurde, und an die nostalgischen und leidenschaftlichen neapolitanischen Lieder der braungebrannten Arbeiter, die Irene Kowaliska so bewegten. Es war ein fröhlicher und heiterer Lebensrhythmus, ein Fest von Farben und Düften, das, nach den Erzählung der Tochter Monika, Margarethe Thewalt Hannasch weiter in seinen Bann zog, auch nachdem die Künstlerin schon lange wieder nach deutschland zurückgekehrt war. Im Werk dieser Künstler sind zwei wesentliche Aspekte zu erkennen: der Bekanntere bezieht sich auf das reiche Reportoire an Mensch und Natur, mit dem sie direkten Kontakt hatten – die Fischer und die Frauen am Brunnen, die Boote, das Meer, die Kinder an der Mutterbrust, der Mond und die Sonne, die Blumen und letztendlich der typische kleine Esel, den vor allem die Deutschen in ihrer neuen Bilderwelt bevorzugt darstellten, eine Abänderung der sardinischen Landschaft, die Dölker und Kowaliska so teuer war. Der andere Aspekt leitet sich von dem reichen Kulturschatz ab, dem groβen Wissen über die alte Welt und ihre Kunstwerke, das jeder dieser Künstler auf seine Weise in das eigene Werk einflieβen lieβ, sodass es von starken Einflüssen bald aus der Antike, bald aus dem Mittelalter oder aus der Renaissance zeugte. Die Geschichte der Keramikkunst in Vietri zeugt aber auch von der Bedeutung der vielen oft unbekannt gebliebenen Künstler, die eine Farbenwelt mit einem ganz weiten Spektrum an grünen, gelben, braunen, blauen, orangen, roten und rosa Tönen erschufen.
The Vietri Ceramic
„ It is stated from the documents till now published that with no doubt the ceramic industy at Vietri dates back to the end of the 15. century and that it is inserted into a pre-existent and contemporary activity of the pottery industy in the Salerno area favoured by the clay caves Ogliara” , we can affirm that with Aniello Tersauro. According to the hypothesis based on the studies of Sinno, the arrival of artisans from the Abruzzi in the Salerno region in the first half of the 17. century would have caused a leap in quality towards an impressive achievement of artistic forms. Yet, in that period have origin the most ancient specimens of votive tiles that were applied scattered on the lanes and streets from Marina di Vietri to Molina, in the high fractions of Dragonea, Albori, Benincasa and Raito, as an expression of popular religiousness and devotion, so that their dispersion could be avoided for many centuries. The ceramic produced in the 19. century presents at the most vases and objects of daily use: like jugs, bottles, vases for water and oil, jars, bowls, dishes, basins, tureens, umbrella –stands, lamps. Flower vases, tiles with scenes of landscapes and profane subject. The dishes called “piatti reali” (”royal dishes”) were used by the poor people as the only dishes where everyone could commonly help himself and also for the preservation of food to be consumed in winter time. The motive of decorations are simple with floral characteristics and often marbleised edges, sometimes inserting zoomorphic elements like a cock or a bird and marine elements like an octopus or sailing vessels, covering the entire decorative space, or also landscape scenes. The Vietrese production remained more or less unchanged till the beginning of the 20. century when in the twenties began the period classified as “Germen”, so called by the influx of foreigners, for the most part Germans, who came to work in the ceramic factories. Such period is chronologically contained between the beginning of the twenties and the Second World War. The experience already made in 1924 at the factory of “Fontana Limite” where Günther Stüdemann had worked, and the presence, more or less at the same time, of numerous artistic personalities like Richard Dölker, Irene Kowaliska, Margarete Thewalt Hannasch, Marianne Amos, or Guido Gambone from Avellino, Salvatore Procida and Giovannino Carrano, whowas very jung then, allowed the development of a very happy artistic season: Happy were also the memories written aboaut the time passed together at Vietri: whey could smell the perfume of the orange blooms brought by the northwest wind that Marianne Amos loved so much, or when the nostalgic and passionate Neapolitan songs of the dark skin workmen touched with commotion Irene Kowaliska. Margarette Thewalt Hannasch gone back to Germany many years ago tells her daughter Monica how she was continually enchanted by the rhythm of cheerful and calm way of living in a feast of colours and flovours. In their prodaction two aspects are put together: the most famous is taken from the rich natural and human collection which they find themselves in direct contact with – the fishermen and the women near the fountain, the boats, the sea, the children at their mother’s breast, the moon and the sun, the flowers and at the last the characteristic donkey that will be privileged specially by the Germans in the new world of figurations, substituting it from from the Sardinian landscape so dear to Richard Dölker and to Irene Kowaliska. The other aspect derives from the rich cultural baggage that each was able to transfer in his own activity, a baggage of knowledge of the ancient world and its material production, and so they were now deeply immersed in the Ancient world, now in the Middle Ages and then in the Renaissance. But the story of Vietrese ceramic can also be seen by the many colours on the pallet with shades of greens, yellows, brown, blue and again orange, red and pink, so that many times the profit given by the artisan protagonists remained anonymous.